Ban Huawei: la Cina risponde con una propria lista di “aziende pericolose”

Prosegue a rotta di collo la guerra commerciale tra Cina e Stati Uniti.

Dopo il ban emesso dal governo Trump per estromettere il colosso Huawei dagli Stati Uniti, adesso la Cina si starebbe preparando a rispondere con una lista di società, persone o organizzazioni definite dannose/pericolose per il paese.

Una sorta di vera e propria “Entity List” analoga a quella stilata da Trump, al cui interno vengono riportate tutte le aziende che rompono dei contratti, violano le “regole del mercato”, bloccano le forniture alle aziende per “motivi non commerciali” e danneggiano in altro modo i “legittimi diritti e interessi”.

Va chiarito che al momento, secondo i report, non è detto che la Cina adotti una misura altrettanto drastica come quella degli Stati Uniti, ovvero l’estromissione dal loro mercato (anche perché rappresenterebbe un boomerang verso gli affari del paese).

Sarebbe tuttavia interessante conoscere il contenuto di questa presunta lista, ma sono in diversi ad azzardare l’ipotesi che tutto ciò sia frutto di una strategia da parte del governo cinese per trovare una sorta di buona uscita per Huawei dal ban fortemente voluto da Trump.

Nonostante l’apparente calma degli ultimi giorni, pare che Huawei comunque abbia già attuato delle misure interne. Secondo quanto riportato dal Financial Times l’azienda cinese avrebbe ordinato ai suoi  dipendenti di cancellare qualsiasi tipo di meeting tecnologico con i colleghi americani, mentre diversi dipendenti statunitensi che lavorano nella sede generale di Shenzhen sarebbero stati rispediti a casa.

La sensazione dunque, è che Huawei stia cercando di creare dei paletti tra colleghi e cittadini di provenienza americana.

Durante una conferenza stampa, Huawei ha chiesto agli Stati Uniti di bloccare le sue azioni illegali ai danni dell’azienda, definite incostituzionali.

La norma, varata lo scorso anno dall’amministrazione del governo Trump, rientra nella National Defense Authorization Act (NDAA), e impedisce alle agenzie governative americane di utilizzare la tecnologia Huawei e ZTE.

Queste norme andrebbero a violare la costituzione degli Stati Uniti, con un processo avvenuto senza la possibilità di esporre delle prove a favore di una discolpa. Si tratterebbero quindi di norme illegali, e la sensazione è che siano state quasi pensate per fornire una condotta colpevole, e non innocente proprio nei confronti di queste aziende.

Che Trump abbia voluto prevenire la questione attraverso queste normative per non dare via di scampo all’azienda cinese? Difficile dirlo, ma intanto Huawei ha espressamente richiesto al governo americano di sospendere questa pratica, poiché gli impedisce di ricorrere in appello presentando delle prove valide sulla vicenda che ha portato al ban dagli Stati Uniti.

I legali di Huawei hanno quindi depositato una nuova mozione presso la Corte Distrettuale degli Stati Uniti e si lega alla precedente procedura, datata 6 Marzo, mossa sempre da Huawei nei confronti di Trump.

E proprio nella nuova mozione vengono esposte le medesime richieste a cui l’azienda ha già fatto appello in occasione della sua conferenza stampa, chiedendo alla Corte che si arrivi ad una pronuncia in tempi brevi, ma soprattutto dichiarare incostituzionali le restrizioni poste dal governo degli Stati Uniti nei confronti di Huawei.

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