Occhio a Godless, il pericoloso nuovo malware Android

Una nuova famiglia di malware Android denominata <<Godless>> avrebbe già scardinato la sicurezza di oltre 850.000 dispositivi animati dal sistema operativo mobile di Google. A lanciare l’allarme è la società Trend Micro, che snocciola informazioni più dettagliate in merito all’ennesima minaccia pronta a mettere in crisi e, per converso, sgretolare il muro della sicurezza e della privacy degli utenti. Il software maligno in questione sarebbe infatti in grado di ottenere i permessi di root sui dispositivi Android in ossequio ad alcuni exploit (PingPongRoot e Towelroot, nello specifico), operazione necessaria affinché i cyber-criminali possano poi ottenere il totale controllo del terminale da remoto.

Il pericolo è dunque duplice, giacché i malcapitati utenti sarebbero giocoforza costretti a subire, loro malgrado, l’installazione di applicazioni di vario genere. Oltre che riprovevoli backdoor per spiare l’attività svolta sul dispositivo e, conseguentemente, propedeutiche al trafugamento di informazioni sensibili. I numeri snocciolati da Trend Micro assumono connotati di rilievo, giacché Godless troverebbe terreno fertile su tutti i tablet e smartphone Android equipaggiati dalla versione Lollipop (5.1.1) ed inferiori. Praticamente il 90% dei dispositivi con a bordo il robottino verde, facendo riferimento ai dati ufficiali dispensati in questi mesi da Google.

Ma ad accrescere la portata del nuovo malware Android è la presenza del codice Godless su alcune applicazioni presenti sul Play Store. Il pericolo di contrarre il software maligno è dunque fondato, giacché presente – a detta del comunicato di Trend Micro – in svariati applicativi di utility quali torce, app per il Wi-Fi o copie di giochi famosi. La società ha già divulgato in pompa magna il nome di Summer Flashlight, app rimossa prontamente dal Play Store e contenente, per l’appunto, tracce del nuovo malware Android. Secondo dati ufficiali di Trend Micro, Godless avrebbe colpito in misura maggiore gli utenti attivi in India, Indonesia e Thailandia, mentre le infezioni registrate in tutto il resto del mondo sarebbero invece più limitate: in USA, ad esempio, la quota è inferiore al due per cento.

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