Microsoft, guerra al governo USA nel controllo delle mail

Piove sul bagnato per il governo USA, stavolta invischiato da Microsoft nella battaglia legale contro i cosiddetti <<secrecy orders>>, nello specifico il divieto di informare gli utenti in merito all’accesso alle mail da parte degli investigatori. Sullo sfondo una controversia intrisa di privacy e sicurezza dei fruitori della rete, crinali battuti qualche settimana addietro da Apple nella strage di San Bernardino. Cambiano dunque gli attori e, in parte, l’oggetto del contendere: a prendere il posto dell’FBI è adesso il Dipartimento di Giustizia americano, nella persona del ministro Loretta Lynch, mentre ad agire in giudizio e ad ergersi a paladino della protezione dei dati personali degli utenti è stavolta Microsoft. Che batte i piedi e, come afferma il quotidiano New York Times, dichiara incostituzionale i secrecy orders, mediante il deposito di un ricorso al Tribunale federale di Seattle, il luogo nel quale ha sede lo stesso gigante dell’hi-tech americano.

Microsoft punta il dito contro l’amministrazione Obama, asserendo che quest’ultima le impedisce di notificare a migliaia di utenti il controllo delle mail da parte degli inquirenti o dei servizi dell’intelligence, magari nell’ambito di indagini investigative o valutazioni in materia anti-terrorismo, versanti sui il quali i giudici sono insomma soliti dar loro l’autorizzazione allo spionaggio della posta digitale. Al fine di certificare le proprie intenzioni e consolidare la propria posizione, il colosso di Redmond fa leva sul Quarto Emendamento, nello specifico il diritto delle persone ad essere a conoscenza qualora il governo perquisisca e sequestri ciò che è in loro possesso. Le mail sono parte delle informazioni personali di ciascuno di noi, indi per cui l’assunto di Microsoft sembra poggiare perfettamente con quanto ribadito, senza incertezze alcune, dalla costituzione americana. A questo so aggiunge, come se non bastasse, una ulteriore violazione del Primo Emendamento, il diritto di informare gli utenti.

Microsoft ha contestualmente snocciolato alcuni numeri in merito ai secrecy orders, asserendo di aver ricevuto, soltanto negli ultimi 18 mesi, qualcosa come 5.624 richieste del governo USA di accesso ai dati degli utenti; una parte cospicua del detto dato (2.576) concerne proprio il controllo delle mail. Le richieste, tiene a precisare l’azienda di Redmond, riguardano individui e non società o gruppi, indi per cui la questione assume connotati di privacy e protezione dei dati personali degli utenti della rete. Ed è proprio il detto fronte che mette a nudo la principale differenziazione tra Apple e Microsoft, divise sul settore tecnologico ma unite nell’intento di assicurare trasparenza e adeguato utilizzo dei dati dei propri clienti. L’azienda di Tim Cook è stata infatti coinvolta in un caso singolo – iPhone 5C del killer della strage di San Bernardino, sebbene Apple ne abbia poi fatto una questione internazionale – mentre il colosso di Redmond intende portare in tribunale il governo USA per i secrecy orders, che concernono per l’appunto casi declinati al plurale. In attesa di scoprire poi come andrà ad evolversi la vicenda, che nel caso di Apple è stata non senza colpi di scena.

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